Un film di Bakhtiar Khudojnazarov. Con Chulpan Khamatova, Moritz Bleibtreu, Merab Ninidze, Ato Mukhamedshanov Commedia, durata 106 min. - Russia, Germania, Australia 1999
In un piccolo villaggio dell'Asia centrale vive l'eccentrica famiglia Bekmouradova composta da Mamlakat, da suo padre Safar e da suo fratello Nasreddin, psicologicamente turbato dalla guerra in Afganistan. Mamlakat che sogna di diventare un'attrice ed è un'assidua frequentatrice del teatro locale viene sedotta da un tizio che le racconta di essere un attore. La mattina seguente Mamlakat si accorge di essere incinta e si reca in città per abortire. Ma nel corso dell'operazione il medico muore. Quando Mamlakat confessa a Safar di aspettare un bambino, questi si mette in viaggio alla ricerca del padre. Il trio, Mamlakat, Safar e Nasreddin, batte a tappeto tutti i teatri della zona e si imbatte in una serie di avventure stravaganti. Nel frattempo la pancia della ragazza comncia a gonfiarsi...
La poesia incolta e polverosa dell’est riempie le desolate lande tagike di un primitivo gusto della trovata scenica, della caricatura, della commedia contadina. Lo stile di Khudojnazarov è intriso di un lirismo selvatico e luccicante di incongruità, come uno spettacolo circense in cui abbondano le belve e i clown, però mancano gli acrobati. L’equilibrio appare infatti perennemente incrinato, come per assecondare i contorni irregolari di una bellezza naturale, priva di levigature, ed eternamente incline a lasciarsi cadere, a scivolare nell’errore, a precipitare nella trappole dell’ingenuità. I percorsi della fantasia seguono sempre le traiettorie oblique dei quadri di Chagall, in cui il volo e la danza sono movimenti disarticolati, in bilico sui profili accidentati della prospettiva, ed indecisi sulla direzione da prendere. Dall’arte di Kusturica, a cui è fin troppo facile accostare quella di Khudojnazarov, quest’ultimo riprende il piglio zingaresco, che attraversa l’esistenza a bordo di uno sgangherato carrozzone, perché solo così è possibile rischiare, andare all’avventura, perpetuando il proprio destino di poveri diavoli, inquieti, imprevidenti, ruspanti e splendidamente imperfetti. Luna Papa è l’elegia popolare che canta la vita come un miracolo pieno di zone d’ombra, di risvolti sinistri e misteriosi: un prodigio impregnato di un male onnipresente che è, esso stesso, parte della complessiva, dolorosa magia dell’esistenza.
Kapu
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