Un film di David Moreau. Con Virginie Efira, Pierre Niney, Gilles Cohen, Amélie Glenn, Charles Berling, Michael Abiteboul, Camille Japy, Louis-Do de Lencquesaing, Arthur Mazet, Camille Pélicier, Jenna Azoulay, Camille Chalons, Aude Pépin, Sophie-Marie Larrouy, Marcella Sbraletta, Ludovic Pinette
Titolo originale 20 ans d’écart. Commedia, durata 92 min. - Francia 2013. - Good Films uscita giovedì 9 maggio 2013.
Alice ha 38 anni, una figlia, un lavoro presso una rivista di moda patinata e nessun bisogno di un uomo. Balthazar ha 20 anni, un padre sciupafemmine e un modo ingenuo e privo di pretese di affrontare la vita. Per Balthazar, Alice è un colpo di fulmine, nonostante abbia vent’anni più di lui. Per Alice, Balthazar è l’opportunità di convincere il suo direttore che non è la borghese complessata che lui crede, e magari di fare un salto di carriera. Dunque Alice finge di avere una relazione da donna cougar con il suo boy toy: reggerà la finzione? E Balthazar starà al gioco, acconsentendo di farsi trattare da giocattolo?
Garbata commedia romantica molto francese basata sul ribaltamento delle
convenzioni sociali e delle aspettative di genere e generazionali, 20 anni di meno
fa leva tanto sull’interazione fra i personaggi quanto sulla cornice
che li incastona e li incasella: la messa in scena della Parigi delle
mostre d’arte e delle sfilate di moda, la redazione glamour in cui
lavora Alice e la location surreale in cui viene allestito un servizio
di moda sono quadri di contemporanea vacuità, gabbie luccicanti di
conformismo edificate in celebrazione del culto dell’apparenza. Alice e Balthazar giocano contro ogni possibile stereotipo, sfuggendo
alle sbarre strette dei rispettivi ambienti (giacché i corridoi
universitari e le feste sballate cui partecipa Balthazar sono
altrettanto limitanti) e si scoprono più simili di quanto le loro età e
le loro esistenze lasciassero immaginare. Il personaggio che meglio
sfugge allo stereotipo resta però il padre di Balthazar, Pierre,
interpretato dal bravo attore drammatico Charles Berning, che rivela qui
una bella vis comica nel disegnare il ritratto di un eterno
adolescente solo apparentemente superficiale e in realtà capace di
intuizioni e attenzioni inaspettate. La commedia scorre come acqua fresca, complici i movimenti di macchina
fluidi e le frequenti trovate creative (il cartone dei traslochi che
“chiude” lo schermo, oscurando la visuale del pubblico) lasciando però
pochi sedimenti, a parte alcune battute riuscite (come la definizione
metacinematografica di Balthazar: “Un Dujardin rimpicciolito”) e certe
ricostruzioni di giungle professionali impietosamente esatte pur nella
loro esagerazione surreale. Mancano il guizzo comico e il graffio
satirico, solo in parte compensati dall’assenza di volgarità, che è
sempre dietro l’angolo quando si parla di una coppia generazionalmente
disassortita, e dalla cura quasi maniacale dell’insieme.
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