Fiume Basso è un quartiere della città di Bender in Transnistria, dove è stata deportata una comunità di "onesti criminali", piccoli mafiosi che sono lì a causa del loro disprezzo nei confronti dei soldi, dei potenti, dei poliziotti e dei comunisti. Amanti dei tatuaggi che raccontano le loro storie e delle icone religiose per cui spendono tutti i loro soldi, i delinquenti lasciano che l'educazione dei loro figli più piccoli sia riservata agli anziani, che vengono chiamati nonni o zii nonostante non sempre vi siano legami di sangue. Qui, sul finire degli anni Ottanta, crescono Kolima (Arnas Fedaravicius) e Gagarin (Vilius Tumalavicius), amici sin da bambini, che imparano presto cosa vuol dire il carcere quando Gagarin è costretto da una lunga condanna a rimanervi per molti anni. Ritornato in libertà, trova però un mondo diverso da quello che ricordava, sconvolto dagli effetti della globalizzazione e a cui cerca di adattarsi a modo suo, comportandosi esattamente all'opposto di Kolima, rimasto fedelmente attaccato ai valori trasmessi da nonno Kuzja (John Malkovich).
Se per centrare il bersaglio si intende fare un film aderente al romanzo di formazione da cui è tratto del russo Nicolai Lilin, con la magnifica e tagliente fotografia di Italo Petriccione, che s’imprime nella mente con i suoi violenti colori e le violente oscurità, la musica trascinante e a tratti martellante di Mauro Pagani, una tecnica di ripresa con primi piani e controcampi fortemente valorizzanti azione e attori, diciamo che è questo è avvenuto.. Una vigorosa tecnica di narrazione, fatta di flasback, con regolare successione temporale relativa agli eventi, e una buona interpretazione degli attori, da John Malkovic ambiguo e diabolico quanto basta, ai giovani russi non ancora conosciuti Amas Federavivicius ( Kolima) e Vilius Tumalavicious (Gagarin), che apprenderanno le lezioni del nonno Kuzja, l’uno alla lettera e sarà un criminale onesto, l’altro, specie dopo la galera, più che mai mostrerà la sua indole ribelle e il distacco dalla famiglia e dai valori essenziali della educazione siberiana, che contempla anche l’omicido per punizione ma non la droga e il danaro in casa o le violenze gratuite.Il racconto molto russo e un po’ lento, avvince al momento, perché c’è suspence, ma non lascia altro e tutto si limita a enunciazioni astratte, azioni nefande e pretese di giustizia. Coltelli, tatuaggi enormi in cui è nascosta la storia di ognuno, sono alcune caratteristiche di tutti componenti dal gruppo siberiano, che seguono ancora il volere degli anziani, ma ormai senza sentirsi più parte della loro società di stampo criminale e mafioso e piuttosto proseguendo verso una nuova società globalizzata, a costo di perdere il senso della loro educazione e il senso della vita. Film solo a tratti coinvolgente, difficile da afferrare e accettare, ma comunque interessante sia per il tema, soprattutto quello dell’amicizia, qui fortemente in pericolo, che per l’abilità del regista, la prova degli attori e l’ambientazione.
Kapu