Un film di Leos Carax. Con Michel Piccoli, Juliette Binoche, Hugo Pratt, Serge Reggiani, Denis Lavant, Hans Meyer, Julie Delpy, Carroll Brooks, Mireille Perrier, Jérôme Zucca, Paul Handford, Charles Schmitt, François Nègre, Philippe Fretun, Thomas Peckre, Ralph Brown, Eric Wasberg, Philippe Fretin
Titolo originale Mauvais sang. Drammatico, durata 125' min. - Francia1986
In un tempo non ben definito, e in un luogo che può essere tutti i luoghi, esiste uno strano virus che sta mietendo molte vittime tra chi “fa l’amore senza provare amore”. L’antidoto che servirebbe per scongiurare la catastrofe è di proprietà della Darley Wilkinson ed è custodito all’ultimo piano di un grande grattacielo. Una potente casa farmaceutica commissiona a Marc (Michel Piccoli) e Hans (Hans Mayer) il furto del campione e questi ingaggiano per l’impresa il giovane Alex (Denis Lavant), il figlio di un loro vecchio amico e socio in affare, uno scassinatore assai abile e svelto con le mani. Denis è assai legato sentimentalmente con Lise (Julie Delpy), ma accetta di prendere parte al colpo e la lascia al suo destino. In compagnia dei due uomini ha occasione di conoscere Anna (Juliette Binoche)la giovane compagna di Marc, con la quale ha modo di intrattenere un “casto” rapporto sentimentale oltre l’occasione di scambiarsi punti di vista su quel mistero chiamato amore. Ad essere interessato all’antidoto antivirus non sono i soli, c’è anche l’americana (Carroll Brooks), un’astuta signora che gira sempre in una Limousine nera con scagnozzi al seguito e che con Marca ha un vecchio conto in sospeso.
“Mauvais sang”di Leos Carax è un polar “lunare” con importanti implicazioni nella sfera dei sentimenti, ovvero, un film a tal punto atipico nel panorama della grande tradizione francese nel genere da rendere davvero difficile definire il reale confine tra la rappresentazione classica del rituale criminogeno e l’intenzione del tutto pretestuosa di usare il film per fare una speculazione semiseria sugli insondabili misteri dell’amore.Esite una marcata commistione tra polar e melò, insomma, ma non tanto nel senso che un ingrediente tipico del genere è sempre stata la presenza della fatidica “donna fatale” con le relative implicazioni sentimentali conseguenti, ma perché è proprio vero quanto osservato dall’ottimo Joseba, e cioè, che le due anime del film “sono letteralmente saldate insieme”. Ma su tutto, spicca evidente una profonda venatura fantastica inserita in un quadro d’ambiente intriso di un’atmosfera malinconica e straniante insieme, come se si stesse raccontando una favola per adulti dove l’inevitabile incontro-scontro tra il bene e il male, i buoni e i cattivi, l’altruismo e l’avidità, l’amore e l’odio, viene assorbito in una narrazione che si apre senza indugi alla compenetrazione con un qualcosa che sfugge enigmaticamente alla realtà sensibile. Lo stesso tema portante del film, l’esistenza di un virus che uccide chiunque pratica l’amore senza provare sentimento alcuno, conferisce al tutto il senso di un apologo di natura fantascientifica, con l’approssimarsi di una catastrofe per l’umanità tutta che può essere scongiurata solo dalla “contenuta” eccentricità di un romantico sentimentale. Il senso del tragico che si accompagna alle vicende dei protagonisti, dunque, è mitigato non poco dalla presenza del grottesco che ne permea evidentemente gli intrecci, sensazione questa che si ricava dall’ironia involontaria che spesso scaturisce dai dialoghi come dalla faccia “cartoonesca” di Denis Lavant (paradossalmente chiamato lingua muta quando è un eccellente ventriloquo), nelle facce dei gangster che sembrano mutuate dal mondo dei fumetto (e non a caso spicca la figura di Boris interpretato da Hugo Pratt, il padre di Corto Maltese) come nel caldo torrido che costringe dei criminali in fieri a girovagare a torso nudo per la città. Ad accrescere ulteriormente il sapore straniante di trovarci un mondo altro, è anche il fatto che Leos Carax non fornisce alcuna coordinata spazio temporale, ci si puù trovare in ogni tempo e in nessun luogo , in un futuro chissà quanto prossimo in cui l’inaffettività ha messo solide radici tra i rapporti umani, come in una qualsiasi metropoli smembrata del suo cuore pulsante per esserci restituita nell’unicità “storicizzata” della sua lunare asetticità. L’amore diventa così l’unica molla che tiene ancora in vita chi sa ancora interpretarne i contenuti speculativi, l’unica battaglia che vale ancora la pena di combattere.
Kapu
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