lunedì 24 giugno 2013

PORCILE (Pier Paolo Pasolini)




Cannibalismo in tempi remotissimi. Oggi, un giovane se la fa coi maiali.
Due storie distanziate da millenni. Nell'antichità, un gruppo di selvaggi impara a nutrirsi di carne umana, finché la "società" li condanna a morte. Nel presente, il giovane figlio di un industriale, che nutre una passione morbosa per i porci, rifiuta la fidanzata. Non si inserisce nell'azienda, ma nemmeno contesta; finirà sbranato dagli stessi maiali mentre il padre si allea a un criminale nazista.
La reiterata continuazione della società dei potenti, una società che divora i suoi figli per poi rigenerarsi sotto altre vesti : un'altra pervenza di perbenismo per un altro orrore sociale. "Porcile" è uno dei film più chiaramente apocalittici del grande poeta friulano. Un film che sceglie il grottesco per meglio sottolineare la centralità della creazione artistica consapevole e che tende all'irrealtà per meglio raccontare la verità della disumanizzazione. E' un film con una tesi forte : è storicamente accertato che i detentori del potere costituito tendono a distruggere ogni agente estraneo all'idea di ordine che si intende imporre. Non importa se si è obbedienti o meno, ciò che principalmente interessa al potere è generare le condizioni per quell'assolutamente indifferenziato in cui tutto diventa necessarimente la promanazione del suo arbitrio, il frutto della volontà eterodiretta di una massa informe e incolore. Quello che spaventa è la coscienza critica, la sacralità di un'idea di diversità autonomamente condotta fino all'estreme conseguenze. Evenienza questa che, in una società che cannibalizza tutto e che svuota di contenuto ogni cosa, solo nella pura essenzialità del vivere quotidiano può trovare il suo più naturale compendio, l'originale testimonianza di una vita autenticamente vissuta. La sterile rinuncia alla vita o la solitaria ribellione sociale diventono un mero delirio esistenziale se non accompagnati da un recupero del senso più sacro della vita. Neanche tanto paradossalmente diventano funzionali alla rigenerazione di quel potere che si intende combattere (come il giovane cannibale e Julien che vengono divorati dalla sostanza della società che hanno rifiutato) in quanto ne legittimano l'autorità fortificandone la natura repressiva. Per meglio solidificare questa posizione, i potenti attuano il rito della fusione : la mescolanza indifferenziata di ogni attività umana debitamente svuotata di senso e autenticità. Come viene detto da Herr Klotz, una società siffatta mantiene una "grande capacità di digerire", di interessarsi a ciò che ha cannibalizzato. Tutto rimane uguale perchè manca la forza sufficiente per renderlo diverso. "Porcile" è un tipico esempio delle capacità e modalità di analisi di Pier Paolo Pasolini che ha sempre guardato in faccia i problemi dell'occidente filtrandoli con la sua sensibilità di poeta. Non fa sconti nella rappresentazione "oscena" dei suoi effetti possibili e il guaio è che i fatti hanno dimostrato che quasi sempre c'ha visto giusto.
Kapu

1 commento:

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