Una ex prostituta cerca inutilmente di dare un avvenire al figlio borgataro.
Mamma Roma è una prostituta che decide di cambiare vita. Si riprende il figlio, affidato a una famiglia che abita in provincia, e va ad abitare con lui in una borgata della capitale. Ma il ragazzo si mette nei guai e finisce in prigione.
"Mamma Roma" segna uno dei punti più alti dell'analisi pasoliniana sul mondo dimenticato del sottoproletariato urbano, sulla diffusa e anche razzistica convinzione che la loro miseria non conosce soluzioni e sulla forza omologatrice della società borghese che tende a percepirli come i figli illegittimi di un benessere generalizzato. E' il secondo film di Pier Paolo Pasolini e rispetto ad "Accattone" si avverte un uso più sapiente degli strumenti cinematografici (l'uso continuo dei campi e dei controcampi ad esempio) che servono a conferirgli, pur nell'utilizzo di quella "sgarbata" asciuttezza di linguaggio che gli consente di aderire con sufficiente realismo alla realtà sociale rappresentata, una migliore fluidità narrativa. Come "Accattone", "Mamma Roma" è interamente ambientato nelle borgate romane, in quei nuovi centri di distribuzione della miseria cittadina che furono (e sono ancora in moltissimi casi) le periferie urbane nate dalle menti di urbanisti illuminati a partire dai primi anni sessanta. Ma mentre il primo è caratterizzato da un sostanziale immobilismo dei protagonisti, che di fatto li rende degli schiavi inconsapevoli del destino che gli è capitato in sorte, Mamma Roma coltiva l'ambizione piccolo borghese di migliorare la sua condizione sociale, di far emergere il figlio dalla miseria in cui è sempre vissuta. Non c'è nulla di male a rincorrere il desiderio di una raggiunta e piena integrazione sociale, ma questa strenua rincorsa rischia di diventare un ulteriore passaggio agl'inferi se non è accompagnata da una consapevole conoscenza della propria condizione esistenziale, se non è tesa al miglioramento principalmente etico di essa, se non si dà più importanza all'essere che all'apparire, all'essenza di un'identità umana finalmente libera dai ricatti della carne che alle forme indistinte di un ambizione desiderata. Ma, alla realtà di un emancipazione intellettuale, Mamma Roma antepone una falsa omologazione morale, l'adesione acritica a un modello sociale di cui conosce solo la patina esteriore di un perbenismo ostentato. E' accecata dall'amore per il figlio e dall'odio per la vita e questo la porta con istintiva naturalezza a seguire un'altra strada, più semplice e più veloce, a maturare in se un malsano spirito di emulazione, quello che la porta a ritenere che basta un individuale spirito volontaristico per spostarsi dal mondo che si è imparati a disprezzare e indossare la maschera di una rispettabilità borghese meccanicamente percepita. l film si potrebbe definire con una parola: capolavoro. Parabola sugli umili schiacciati dal peso dei sogni piccoloborghesi (il benessere...), sacralità proletaria riflessa nel rimando iconografico (Masaccio, Mantegna...), architettura dell'urbe violentata dalla periferia (casermoni, archeologia romana). Eterno lo sguardo finale di Anna Magnani dalla finestra, il suo urlo è opposto e gemello di quello di "Roma città aperta".
Kapu
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