lunedì 24 giugno 2013

IL VANGELO SECONDO MATTEO (Pier Paolo Pasolini)




Il film ripercorre i momenti salienti del Vangelo: l'annunciazione, i Magi, la fuga in Egitto, la strage degli Innocenti, Gesù nel deserto, la guarigione del lebbroso, il discorso della montagna, la morte del Battista, la moltiplicazione dei pani e dei pesci, l'ingresso in Gerusalemme, la passione, la resurrezione. 
In anni dominati dall'iconografia cinematografica hollywoodiana e dalle sue ricostruzioni bibliche spettacolari, Pasolini impose questo film straordinario per fedeltà letterale al Vangelo, interpretato da attori non professionisti, girato a Matera e altrove, con una colonna sonora raffinatissima elaborata insieme a Morricone e un uso della camera sospeso tra rapidità documentaristica e distanza monumentale. Gran premio della giuria a Venezia. Dedicato alla cara, lieta e familiare memoria di Giovanni XXIII, è un film che con il suo sincretismo formale, la scabra luminosità, i rapporti pittorici ispirativi, la molteplicità delle forma, e i riferimenti concreti al Terzo Mondo (che non è qui più e soltanto preistoria) , ma anche con le sue apparenti contraddizioni latenti che sono poi la sua forza maggiore, raggiunge una forte tonalità epico-religiosa (il Morandini), oscillando tra un viscerale e profondo “fervore” che potremmo definire “cristiano” e un sentito, autentico furore anche di denuncia contro i mali endemici del mondo e delle società (l’ipocrisia, l’inganno, i soprusi dell’uomo sull’uomo), delle sofferenze laceranti che essi determinano (le urla dei ladroni quando i chiodi penetrano nelle mani, le convulsioni di Maria ai piedi della croce), che si estrinseca alla fine in un sentimento “accusatorio” di odio e disprezzo verso i potenti ed ogni forma di sopraffazione. Emozionante e bello come nessun altro film che sia stato tratto dai Vangeli, è – lo ripeto ancora una volta – una “rappresentazione” laica della Passione che mette in evidenza l’umanità più che la divinità di un Gesùpugnace, medievale, carico di tristezza e di solitudine, o, per meglio dire ancora, citando ciò che ha scritto Alessandro Bencivenni, Trionfo quasi perfetto del tipico manierismo pasoliniano, impasto raffinato di grigi e di bianchi (straordinaria la fotografia di Tonino Delli Colli e fondamentale l’utilizzo delle riprese mediante l’uso della cinepresa a spalla manovrata dallo stesso Pasolini) aggregazione convulsa di gesti e di parole, di furori e di ieratiche solennità, esposizione di languori estatici (il volto di Maria giovane, il battesimo) e di tremende violenze (il discorso della montagna, la crocifissione), Il Vangelo secondo Matteo entra con pieno diritto nel gruppo sparuto degli autentici film “religiosi”.
Kapu

1 commento:

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