Un film di Pier Paolo Pasolini. Con Enrique Irazoqui, Margherita Caruso, Susanna Pasolini, Marcello Morante, Mario Socrate, Settimio Di Porto, Otello Sestili, Ferruccio Nuzzo, Giacomo Morante,Giorgio Agamben, Ninetto Davoli, Paola Tedesco Religioso, b/n durata 142' min. - Italia 1964.
Il film ripercorre i momenti salienti del Vangelo: l'annunciazione, i Magi, la fuga in Egitto, la strage degli Innocenti, Gesù nel deserto, la guarigione del lebbroso, il discorso della montagna, la morte del Battista, la moltiplicazione dei pani e dei pesci, l'ingresso in Gerusalemme, la passione, la resurrezione.
In anni dominati dall'iconografia cinematografica hollywoodiana e dalle sue ricostruzioni bibliche spettacolari, Pasolini impose questo film straordinario per fedeltà letterale al Vangelo, interpretato da attori non professionisti, girato a Matera e altrove, con una colonna sonora raffinatissima elaborata insieme a Morricone e un uso della camera sospeso tra rapidità documentaristica e distanza monumentale. Gran premio della giuria a Venezia. Dedicato alla cara, lieta e familiare memoria di Giovanni XXIII, è un film che con il suo sincretismo formale, la scabra luminosità, i rapporti pittorici ispirativi, la molteplicità delle forma, e i riferimenti concreti al Terzo Mondo (che non è qui più e soltanto preistoria) , ma anche con le sue apparenti contraddizioni latenti che sono poi la sua forza maggiore, raggiunge una forte tonalità epico-religiosa (il Morandini), oscillando tra un viscerale e profondo “fervore” che potremmo definire “cristiano” e un sentito, autentico furore anche di denuncia contro i mali endemici del mondo e delle società (l’ipocrisia, l’inganno, i soprusi dell’uomo sull’uomo), delle sofferenze laceranti che essi determinano (le urla dei ladroni quando i chiodi penetrano nelle mani, le convulsioni di Maria ai piedi della croce), che si estrinseca alla fine in un sentimento “accusatorio” di odio e disprezzo verso i potenti ed ogni forma di sopraffazione. Emozionante e bello come nessun altro film che sia stato tratto dai Vangeli, è – lo ripeto ancora una volta – una “rappresentazione” laica della Passione che mette in evidenza l’umanità più che la divinità di un Gesùpugnace, medievale, carico di tristezza e di solitudine, o, per meglio dire ancora, citando ciò che ha scritto Alessandro Bencivenni, Trionfo quasi perfetto del tipico manierismo pasoliniano, impasto raffinato di grigi e di bianchi (straordinaria la fotografia di Tonino Delli Colli e fondamentale l’utilizzo delle riprese mediante l’uso della cinepresa a spalla manovrata dallo stesso Pasolini) aggregazione convulsa di gesti e di parole, di furori e di ieratiche solennità, esposizione di languori estatici (il volto di Maria giovane, il battesimo) e di tremende violenze (il discorso della montagna, la crocifissione), Il Vangelo secondo Matteo entra con pieno diritto nel gruppo sparuto degli autentici film “religiosi”.
Kapu
https://mega.co.nz/#!VtVXzIqB!fhE_HFMl-1O7qH7QltFfu0PSwBIEblJJpjrQkIR4xaU
RispondiElimina