Un film di Claude Chabrol. Con Nathalie Baye, Benoît Magimel, Suzanne Flon, Bernard Le Coq Titolo originale Le Fleur du mal. Drammatico, durata 104 min. - Francia 2002
La borghesia della provincia francese, la sua ipocrisia, i suoi scheletri nell'armadio. Una donna viene assolta, nonostante la sua colpevolezza, alla fine della Seconda guerra mondiale: è questo lo spunto di partenza per seguire le peripezie degli Charpin-Vasseur, esponenti di spicco della borghesia di Bordeaux. La loro storia è segnata da una serie di morti misteriose, come se la colpa fosse una tara ereditaria che si trasmette di generazione in generazione. Un crimine commesso nel passato, e non espiato, può dunque avere ripercussioni sui discendenti...
Quieta, educata e agghiacciante, la pellicola di Chabrol è la versione stilizzata, asciugata, serenamente e atrocemente pessimistica di tante altre vicende di famiglie, destini e province raccontate dal maestro francese. Non c'è più bisogno di intrusioni esterne che vengano a turbare malsani equilibri, né di diseredati che scompaginino armonie borghesi. I "corvi" anonimi sono quelli che ci si è allevati in seno: bastano cinque personaggi che riassumono tre generazioni, e quel tempo profetico che si ripete sempre uguale a se stesso e che si snoda senza soluzione di continuità davanti agli occhi della decana zia Line (la vera protagonista del film: l'esile, dolcissima e volitiva Suzanne Flon, una grande interprete del passato). Chabrol è arrivato al cuore del suo mondo e del suo stile: niente colpi bassi, il malessere è intessuto nelle tappezzerie di casa e negli abiti "bon ton" degli Charpin-Vasseur; prende corpo dal giardino curato e dall'aria tersa, chiuso nella consapevolezza inossidabile degli occhi di Line. I fiori del male era una raccolta di poesie del maledetto Charles Baudelaire e solo il più perfido osservatore della borghesia francese poteva girare un film così, prendendo in prestito quel titolo tanto evocativo quanto affascinante. Claude Chabrol sa di cosa parla e ci sguazza in questo mondo in cui l’ipocrisia ha preso il posto della sincerità con una disinvoltura di cui non ci stupiamo più minimamente. « Ma petite chérie, le temps n’existe pas, tu verras. C’est un présent perpétuel ». « Vedrai, piccolina mia, il tempo non esiste. E’ un perpetuo presente »
Kapu
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