Un film di Claude Chabrol. Con Jacques Dutronc, Isabelle Huppert, Anna Mouglalis, Rodolphe Pauly Titolo originale Merci pour le chocolat. Drammatico, durata 110 min. - Francia 2000.
André Polonski, famoso e celebrato piansista e Mika Muller, presidente dell'industria del cioccolato Muller si sposano per la seconda volta. Il concertista anni prima aveva sposato Lisbeth dalla quale aveva avuto un figlio Guillame e che era morta in seguito ad un incidente automobilistico. Jeanne che apprende per puro caso di essere stata scambiata al momento della nascita con un Guillame entra nella vita di André per scoprire la verità.
Ogni tanto succede ancora il miracolo di vedere un film bello, impeccabile, inattaccabile. Questo onore è toccato all’ex enfant terrible della Nouvelle Vague Claude Chabrol, che mette sullo schermo le sue conoscenze cinefile (Lang, Hitchcock, Renoir) con grande eleganza e senza un minimo di autocompiacimento. Da tempo, i luoghi che più lo affascinano sono le località di provincia, dove tutto sembra tranquillo e pulito ma dove la borghesia perbene può nascondere orribili segreti e perversioni. Questa volta non siamo però nella provincia francese ma nella Svizzera, dove il perbenismo è ancora più spalmato nei meandri della società e dove i buoni borghesi possono conversare con elegante cinismo sui fondi sottratti agli ebrei dai nazisti e conservati nei conti segreti delle potenti banche. Protagonisti del film sono una industriale del cioccolato, un pianista di successo, una responsabile del servizio di medicina legale e due figli che (forse) sono stati scambiati nella culla. La suspense cresce minuto dopo minuto, la storia avvolge e intriga, gli attori sono straordinari, il divertimento è assicurato. E tutto senza bisogno di effetti speciali per allocchi e di star-system esasperato: bastano pochi ambienti, suggestioni, atmosfere, sono sufficienti sguardi impercettibili. Grazie per la cioccolata — tratto dal libro The Chocolate Cobweb di Charlotte Armstrong — con una sceneggiatura firmata dal regista insieme a Caroline Eliacheff (già con Chabrol per Il buio nella mente, 1995, e ancora al suo fianco per Il fiore del male, 2003), intriga e fa riflettere, con una suspense che cresce ad ogni nota di pianoforte ed un’orrida consapevolezza che si solidifica sempre più man mano che si realizza che il Male è tanto più agghiacciante quanto più, originandosi dalla mancanza di affetto e dolcezza, finisce per assumerne quasi le medesime forme. Quelle di una tazza di cioccolata nera bollente, appunto. E' l'ennesima incursione di Chabrol nelle fitte e oscure trame della ragnatela della famiglia borghese benestante, in cui si annidano misteri, occultamenti e segreti indicibili. Girato con la consueta pacata cura, dato il ritmo piuttosto basso che lo contraddistingue, il film trova il suo motivo principale di appeal nella presenza della sempre encomiabile Isabelle Huppert, che Chabrol aveva già utilizzato numerose volte fin da Violette Noziere del 1977. Degna di nota anche la figura enigmatica (e la prestazione) di Anna Mouglalis, che contribuisce quindi a caratterizzare al femminile la pellicola; colpisce inoltre per la sua patina avvolgente la fotografia di Renato Berta (già con Malle, Resnais, De Oliveira e molti altri grandi nomi). Come di consueto nel cinema di Chabrol, lo scorrere apparentemente pacifico o comunque privo di netti, profondi traumi, da parte della trama è sempre accompagnato in sottofondo dal crescere di un'insospettata inquietudine, che qui sfocia in tutto il suo impeto nella scena conclusiva.
Kapu
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