Un film di Michael Mann. Con Daniel Day-Lewis, Madeleine Stowe, Russell Means, Eric Schweig, Jodhi May, Steven Waddington, Maurice Roëves, Wes Studi, Dylan Baker, Patrice Chereau, Edward Blatchford, Terry Kinney, Tracey Ellis, Justin M. Rice, Dennis Banks, Pete Postlethwaite, Colm Meaney
Titolo originale The Last of the Mohicans. Western, durata 130 min. - USA 1992.
La Guerra dei sette anni è sbarcata oltre oceano. È il 1757. Le colonie
americane sono terreno fertile per sangue e morti. Inglesi e francesi si
contendono le terre, mentre le tribù autoctone decidono da quale parte
schierarsi e a chi giurare una presunta fedeltà. Tra loro anche Nathan,
nato inglese e adottato dai Mohicani, corre tra foreste e fiumi in cerca
di una pacifica convivenza tra coloni e invasori. Gli equilibri
verranno presto spezzati dalla crescente tensione tra le forze europee e
dai labili patti che legano gli indigeni ai due schieramenti.
Tratto dal romanzo omonimo di J.F. Cooper e remake de I re dei pellerossa (1936), L'ultimo dei Mohicani
è un kolossal in grande stile, epico racconto in cui l'interesse per la
narrazione cede il passo all'azione. Micheal Mann procede di corsa,
parte in medias res e avanza senza soste in un continuo susseguirsi di
fughe e assedi. Tanto affanno e poche parentesi per il pensiero in un
film dove lo spazio per l'animo dei personaggi è minimo e le azioni
parlano per loro.Questo registro espressivo pragmatico e poco dedito all'approfondimento
psicologico dei caratteri è però funzionale a quel mondo selvaggio,
dominato dalle armi, in cui la diplomazia si scopre arte faticosa e
sterile, mentre la violenza divide facilmente il mondo in morti e vivi,
vincitori e vinti. Con l'amore a fungere da unico antidoto. L'interesse
principale ricade sullo scontro tra culture in cui solo l'habitat si
distingue per purezza. I colonizzatori sono ingordi e non c'è più
ingenuità nel popolo ospitante perché la contaminazione è già parte del
Nuovo Mondo. Eppure la divisione è ancora netta, con gli invasori dediti
al rispetto dei propri doveri e gli indigeni impegnati nella
salvaguardia dei propri diritti. L'opera di Mann si apprezza e si distingue soprattutto per l'affresco
estetico di una Natura che funge da silenziosa testimone, sulle note di
una travolgente colonna sonora capace di far respirare a pieni polmoni
lo spettatore e di evocare in lui il recupero di una pace per lo
spirito. Il carisma spigoloso di Daniel Day Lewis fornisce corpo e
vigore ad uno dei tanti cuori impavidi del cinema epico-storico. Un eroe
più coraggioso di un film che parla di sensi di appartenenza (alla
terra, ai certi valori innati e alla persona amata) senza andare oltre
gli argini del genere a cui appartiene.
tres
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